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La corazzata Potëmkin
Guerra, Drammatico, Bellico
Il film è ambientato nel giugno del 1905; i protagonisti della pellicola sono i membri dell'equipaggio della corazzata russa che dà titolo all'opera, ed è strutturato in cinque atti. I fatti narrati nel film sono in parte veri e in parte fittizi: in sostanza si può parlare di una rielaborazione a fini narrativi dei fatti storici realmente accaduti e che portarono all'inizio della Rivoluzione russa del 1905. Infatti – ad esempio – il massacro di Odessa non avvenne sulla celebre scalinata, bensì in vie e stradine secondarie, e non avvenne di giorno ma di notte.
Lo stesso regista ha suddiviso la trama dell'opera in cinque atti, ognuno con un proprio titolo:
Uomini e vermi
Dramma sul ponte
Il morto chiama
La scalinata di Odessa
Una contro tutte
Atto I: Uomini e vermi
La corazzata Potëmkin è ancorata al largo dell'isola di Tendra: durante la distribuzione di una razione di cibo i marinai si accorgono che la carne riservata all'equipaggio è deteriorata a tal punto da ospitare numerosi vermi. I marinai protestano e, capeggiati dal valoroso Grigorij Vakulinčuk (interpretato da Aleksandr Antonov), chiedono alle autorità della nave una razione a base di cibo sano; per tutta risposta le autorità convocano il medico di bordo, il quale nega l'evidenza, affermando che la carne dell'equipaggio è buona e perfettamente commestibile e invita l'equipaggio a mangiarla senza fare storie. Il rifiuto dell'equipaggio di accettare questa imposizione comporta l'ordine, da parte dei comandanti, di fucilare chiunque rifiuti di nutrirsi con la carne in questione. Alcuni di essi cedono al ricatto (gli ufficiali, i sottufficiali e qualche marinaio), ma altri rifiutano e vengono raggruppati sul ponte della corazzata, sotto un telone davanti al plotone di esecuzione, in attesa di essere fucilati come monito per tutti coloro che osano anche solo immaginare una insubordinazione.
Atto II: Dramma sul ponte
Tutti coloro che rifiutano il cibo vengono giudicati all'istante colpevoli di insubordinazione e, senza regolare processo, portati sul bordo del ponte dove ricevono i riti religiosi riservati ai condannati a morte. Davanti al plotone di esecuzione nessuno di loro mostra rimorso, convinti di ciò che stanno facendo; giunto il momento, il comandante dà l'ordine di aprire il fuoco ma, sorprendentemente, i soldati del plotone di esecuzione, anziché sparare, dopo un breve discorso del marinaio Vakulinčuk, che fa capire loro la dimensione inumana dello sparare a sangue freddo ai propri compagni, abbassano le canne dei fucili, dando il via all'inizio della rivolta. I marinai sono male armati ma in soprannumero rispetto agli ufficiali, il che consente loro di prendere ugualmente il controllo della nave. Il medico che aveva giudicato buona la carne viene gettato in acqua e così alcuni ufficiali, mentre altri rimangono uccisi.
Atto III: Il morto chiama
L'ammutinamento tuttavia ha un prezzo altissimo dato che negli scontri molti restano uccisi: tra essi anche Vakulinčuk, capo carismatico dei rivoltosi che hanno preso possesso della nave. Durante la rivolta, infatti, l'ufficiale in seconda della nave scarica l'intero caricatore del suo fucile contro il marinaio, senza lasciargli scampo. Arrivati nel porto di Odessa, il cadavere del marinaio Vakulinčuk viene trasportato a terra ed esposto pubblicamente dai suoi compagni in una tenda con un amaro cartello appoggiato al petto: "Morto per un cucchiaio di minestra". Tutta la popolazione si raduna per rendergli l'estremo saluto e inneggia a lui come ad un eroe, manifestando pubblicamente il proprio appoggio con comizi e ovazioni di gruppo, ma attirandosi inevitabilmente le attenzioni della severa polizia zarista.
Atto IV: La scalinata di Odessa
Sulla scena irrompono i cosacchi dello zar, che, per rappresaglia, iniziano a marciare verso la folla inerme con i fucili puntati. Il popolo scappa, dimostrando di non avere intenzioni bellicose nei confronti dei soldati, i quali però si rivelano inflessibili, facendo fuoco, sparando e travolgendo tutto ciò che trovano a tiro: uomini, donne e bambini indifesi. I soldati vengono mostrati solo attraverso dettagli che li rendono impersonali, inflessibili (gli stivali che marciano e che calpestano le vittime, i fucili che sparano), mentre la gente di Odessa cade in sequenze estremamente enfatiche e violente come quella della morte della madre, inquadrata ben due volte (ripetizione poetica[4]), degli occhiali di una donna anziana frantumati da una sciabolata e della carrozzina che rotola giù dalla scalinata. I soldati non accennano a voler smettere il massacro: i marinai della Potëmkin decidono allora di sparare su di loro con i cannoni della corazzata. Intanto giunge la notizia che una flotta di navi dello zar sta arrivando nel porto per soffocare la rivolta della Potëmkin.
Atto V: Una contro tutte
I marinai della Potëmkin decidono di andare fino in fondo e conducono la corazzata fuori dal porto di Odessa per affrontare la flotta dello zar. Quando ormai lo scontro sembra inevitabile, i marinai delle navi zariste si rifiutano incredibilmente di aprire il fuoco contro i loro compagni, esternando con canti e grida di giubilo la loro solidarietà verso gli ammutinati e consentendo loro di passare indisturbati attraverso la flotta, sventolando la bandiera rossa. (Wikipedia)
Titolo originale: Бронено́сец «Потёмкин»
Regia: Sergej Michajlovič Ėjzenštejn
Interpreti e personaggi: Vladimir Barskij: Capitano Golikov; Aleksandr Antonov: Grigorij Vakulinčuk; Grigorij Aleksandrov: Comandante Giljarovskij
Soggetto: Nina Agadžanova-Šutko
Sceneggiatura: Sergej Michajlovič Ėjzenštejn
Fotografia: Eduard Tisse
Montaggio: Sergej Michajlovič Ėjzenštejn, Grigorij Vasil'evič Aleksandrov
Musiche: Edmund Meisel, Nikolaj Kriukov, Dmitrij Dmitrievič Šostakovič, Edison Studio
Scenografia: Vasili Rachals
Lingua originale: russo (intertitoli in inglese)
Paese di produzione: URSS
Anno: 1925
Durata: 75 min (versione cinematografica); 67 min (versione italiana)